 |
L'allegoria dell'Idolatria nello zoccolo a
finti marmi della parte bassa della decorazione |
 |
La storia sacra sviluppata
nelle scene narrative è commentata e completata da un sistema di
elementi finto architettonici dipinti, forse meno noti dei grandi riquadri
parietali, ma altrettanto importanti nell'economia dell'articolato programma
iconografico studiato da Giotto, probabilmente con l'aiuto di un colto
ecclesiastico.
Un compito di grande importanza nel sistema simbolico è svolto
dalle allegorie a monocromo delle Virtù e dei Vizi dipinte sopra
lo zoccolo a finti marmi che corre lungo la parte basse della navata.
Il basamento simula il marmo anche nella consistenza materiale, essendo
realizzato con la difficile tecnica dello stucco romano. Le figure simboliche
si trovano quasi a livello del riguardante, tanto da poter essere definite
una sorta di 'registro di attualità'. Infatti, mentre la storia
sacra delle pareti narra episodi avvenuti nel passato e il Giudizio Universale
della controfacciata anticipa un evento futuro, il campo d'azione delle
Virtù e dei Vizi è il presente, il mondo terreno.
Il fedele che si trova nella Cappella (che, non va dimenticato, nasce
con una funzione votiva e penitenziale) si deve sentire direttamente coinvolto,
chiamato in causa. Esplicito, in tal senso, è lo sguardo di San
Pietro nella Pentecoste, l'unico personaggio di tutta la sequenza parietale
che si volta a fissare il riguardante. Dall'ultimo riquadro, il santo,
a cui è stato affidato il ministero della Chiesa, si volta a fissare
chi si trova sulla Terra, nella decisiva alternativa tra il bene e il
male.
Il sistema delle antinomie giottesche pone al centro, a metà della
navata, la coppia Giustizia-Ingiustizia: sono due allegorie monumentali,
sedute in robusti seggi, completate da minuscole scene che mostrano il
sereno svolgersi della vita governata dalla Giustizia e, viceversa, la
brutalità e la violenza provocata dall'Ingiustizia.
Le altre coppie, abbinate secondo il criterio dell'abbinamento dei contrari,
sono dall' altare verso la controfacciata: Prudenza - Stoltezza; Fortezza
- Incostanza; Temperanza - Ira; Fede - Idolatria; Carità - Invidia;
Speranza - Disperazione.
Le fonti
Il contrasto tra le Virtù e i Vizi, come continua battaglia dell'animo
umano, ha il più importante riferimento letterario nella 'Psychomachia'
(letteralmente 'lotta dell'anima') composta da Prudenzio all'inizio del
VII secolo, un testo molto noto e ripetutamente utilizzato nel Medioevo
europeo. Prudenzio fissa convenzionalmente sette coppie di vizi e virtù
contrapposti, numero che verrà sostanzialmente salvaguardato nell'iconografia
relativa (occasionalmente sale a otto, cifra che meglio si presta a simmetrie
regolari). Le antinomie individuate da Prudenzio sono tra fede e idolatria,
castità e libidine, pazienza e collera, umiltà e orgoglio,
temperanza e lussuria, carità e avarizia. Lo stesso Dante, nel
Purgatorio, parte da questo schema per individuare lungo l'itinerario
che conduce al Paradiso l'ostacolo di sette peccati, corretti con le virtù
opposte: superbia, invidia, ira, accidia, avarizia (e prodigalità),
gola e lussuria.
Iconografia
Il motivo della lotta tra il vizio e la virtù ha numerosi precedenti
nell'arte medievale: tuttavia, la soluzione adottata da Giotto conferisce
alla sequenza serrata delle allegorie la drammatica impressione del cammino
dell'esistenza umana stretto nell'ossessiva necessità di scegliere
il proprio destino. Le Virtù sono a destra, dalla parte dei beati,
mentre i Vizi, sul lato opposto, conducono all'Inferno.
Giotto dipinge le allegorie come bassorilievi su un fondale marmoreo,
ma le raffigurazioni hanno una vivacità e una libertà espressiva
ben lontana dalla fissità statuaria cui il maestro vorrebbe alludere.
A scanso di possibili errori, ogni raffigurazione è accompagnata
da una scritta che l'identifica.
|