Lavorare con Giuseppe Basile. Il Museo delle Migrazioni a Lampedusa
Un museo per non dimenticare il dramma di tante vite perdute e, nello stesso tempo, un luogo di accoglienza e riflessione per raccontare, attraverso la conservazione degli oggetti superstiti, storie e culture diverse dallee nostre. È il progetto al quale Giuseppe Basile si è dedicato con passione e impegno affermando la necessità di coniugare etica e museologia.
di Barbara D'Ambrosio & Giovanna Costanza Meli (Storiche dell'arte Associazione Isole)
da per salvare Palermo pp. 32-34
Il nostro ricordo di Pippo Basile, come amichevolmente volev essere chiamato, è legato all'ultimo anno trascorso insieme condividendo un progetto molto particolare e una sfida che ci ha coinvolto su diversi fronti, da quello umano, a quello professionale ed etico: la creazione di un museo-centro di documentazione delle migrazioni di Lampedusa. Questo progetto si fondava sulla “collezione” di oggetti appartenuti ai migranti e raccolti sull'isola, dal 2009, dall'Associazione Askavusa [“a piedi scalzi”] che ha contestualmente riunito intorno a sé diverse personalità e competenze al fine di elaborare insieme un'dea di museo critico, diffuso e partecipato. Nel 2012 l'amministrazione comunale ha sposato gli obiettivi del progetto, condividendo un processo che avrebbe portato, proprio su suggerimento di Basile, all'istituzione di una fondazione da parte dei soggetti e delle associazioni coinvolte fino a quel momento, mantenendo, così, un impianto sostanzialmente orizzontale e aperto. Il coinvolgimento di Basile che, appassionandosi all'idea del museo, ne ha guidato il percorso dal 2011, ha conferito a questo disegno un'dentità di ampio respiro, articolandolo in un lavoro collegiale, organizzato in fasi successive e interdipendenti, al fine di ordinare i reperti raccolti in un archivio vero e proprio. Un catalogo di oggetti ppartenenti a tipologie molto diverse tra loro (da indumenti a stoviglie, da lettere personali a cd musicali, etc.), che potesse essere, insieme, testimonianza di una storia particolare, la tragedia umana di tante persone costrette a lasciare il proprio Paese, così come di una storia più ampia e globale, le scelte politiche, economiche, culturali, causa dei movimenti migratori del Mediterraneo.
In questa pagina, e nelle successive, alcune immagini dell'intervento di recupero e conservazione dei reperti cartacei ad opera del laboratorio di restauro della Biblioteca Centrale Regione Sicilia
(Foto Associazione Isole)
La finalità dell'archivio è quella di testimoniare una memoria “viva” e attuale, nonché di tutelare e proteggere, salvandolo dall'oblio, un patrimonio culturale e storico appartenente all'umanità. Sotto la direzione di Basile è maturata la scelta di avviare un percorso di studio e una raccolta ragionata, che si accompagnasse alle funzioni di tutela. Solo in questo modo l'archivio avrebbe potuto restituire le storie, i percorsi di vita delle persone e dei gruppi migranti, mettendo questo materiale di studio a disposizione, prima di tutto, dei migranti stessi che ne avessero avuto necessità e poi di studiosi, giornalisti, ricercatori interessati, per consentire uno sguardo più vivo e aderente alla realtà rispetto a quello di un'informazione generalista.
Il progetto di archiviazione è stato così ideato da Basile come un passaggio essenziale di un percorso che avrebbe compreso anche le fasi della conservazione e del restauro, nonché della digitalizzazione, grazie alal collaborazione con la Biblioteca Centrale della Regione Sicilia e il suo Laboratorio di Restauro. Gli oggetti sarebbero stati mostrati e resi visibili in una sede dedicata, in condizioni//
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di sicurezza e secondo criteri conservativi adeguati, proprio per il loro alto valore morale e umano. Il sistema elaborato dall'Associazione Isole, insieme a Basile, riguarda diverse fasi di lavoro, ognuna accompagnata da una serie di domande e riflessioni dovute alla particolarità e alla vastità dei “beni” che si andavano analizzando: prima inventariazione in loco, catalogazione, interventi conservativi e di restauro, quindi archiviazione. Con quali strumenti avviare la catalogazione? Da dove iniziare e con quale ordine e criteri di scelta procedere? Si è effettuata una prima selezione che costituisce il nucleo iniziale della costituenda “collezione”, qualche decina di oggetti scelti secondo la atipologia e in relazione allo stato di conservazione, quelli più deteriorati al punto di implicarne la lettura, sono stati destinati ad una prima campagna di interventi conservativi e di restauro.
(Foto Gaetano Lo Giudice)
Sulla base di tali criteri si sono individuate due serie: una costituita da oggetti direttamente documentari, ovvero materiali cartacei vaiamente interpretabili, come lettere, cartoline, diari, foto, appunti, documenti, etc.; l'altra di oggetti indirettamente documentari, come utensili, indumenti, pentolame, cibo, etc. Si è proceduto così alla catalogazione vera e propria, con la creazione di una scheda di catalogo ad hoc, uno strumento che potesse comprendere e ordinare informazioni analitiche, tecniche e conservative, nonché di contesto, relative a “beni” così diversi tra loro.
Si tratta di un progetto sperimentale, una scheda costituita intrecciando le voci delle schede OA e D, usate rispettivamente dal Ministero per le opere d'arte e per i disegni, e quelle relative alla scheda per i beni demoetnoantropologici.
È emersa fin dall'inizio la necessità di riunire più competenze per la lettura e l'interpretazione degli oggetti che andavamo catalogando. Un lavoro di équipe, coordinato da Basile, che comprendesse i migranti stessi, per il riconoscimento di utensili specifici e la traduzione dei materiali cartacei, noi dell'Associazione Isole, in quanto storiche dell'arte avvezze alla pratica del catalogo e della tutela, studiosi dell'Archivio delle Memorie Migranti, nonché ovviamente l'associazione Askavusa che li aveva recuperati. Molte, moltissime riflessioni, dubbi, interrogativi hanno costellato tutto il nostro percorso, ma Basile è sempre stato cosciente dell'assoluta urgenza di portarlo avanti, impegnandosi in questa battaglia fino alla fine dei suoi giorni.
(Foto Gaetano Lo Giudice)
Se un illustre restauratore – che ha salvato i capolavri di Giotto e dell'arte moderna italiana ed ha dedicato gran parte della propria esperienza professionale al reastauro dell'arte contemporanea dettando le linee guida di questo settore a livello internazionale – ha scelto di occuparsi con tanta dedizione e cura degli oggetti dei migranti, è proprio perché in tale sfida fuori dai canoni e da ogni possibile classificazione tradizionale, egli ha rintracciato un valore umanistico fondamentale. Perfettamente in sintonia con il suo percorso professionale, caratterizzato prima di tutto da un forte e convinto impegno civile per la trasmissione di una memoria storica alle future generazioni, in questo progetto Basile non ha visto solo una mera campagna di catalogazione e restauro. Al contrario, l'ha sempre considerata un'operazione speciale, dove è in gioco prima di tutto la costruzione di un dialogo complesso e delicato ch ci impone una condizione di ascolto degli oggetti stessi che, prima di essere osservati, interrogati e in qualche modo “schedati”, hanno parlato immediatamente alle nostre coscienze, ci hanno scosso e messo in discussione. Si tratta di quell'ascolto che Giuppe Basile ha offerto a tutti noi e a questo particolare progetto proprio nel suo ultimo anno di vita.
La mostra che ha presentato l'esito della fase di lavoro è stata realizzata a cura dell'Associazione Isole, a Lampedusa, nel luglio dello scorso anno. Dopo la sua scomparsa, il gruppo operativo impegnato nella costituzione del Museo ha scelto di dedicare a Giuseppe Basile la collezione dei reperti cartacei.