La storia del restauro dell'Annunciazione di Antonello da Messina
La storia del restauro dell'Annunciazione di Antonello da Messina raccontata da Giuseppe Basile in un articolo pubblicato da "Il giornale dell'arte", in un articolo per la rivista "Beta Gamma" e nella mostra di presentazione al pubblico tenuta nel 2008.
L’opera era stata commissionata all’artista siciliano nell’agosto 1474 da Giuliano Maniuni per la chiesa della SS. Annunziata di Palazzolo Acreide (nel Siracusano) e terminata entro il dicembre dello stesso anno.
Della sua paternità si era persa memoria fino alla seconda metà dell’ ‘800, quando degli studiosi locali cominciarono ad avanzare l’attribuzione ad Antonello, confermata nel 1903 dalla scoperta del documento di commissione.
Nonostante le sollecitazioni di studiosi quali Adolfo e Lionello Venturi, soltanto nel 1907 lo Stato riuscì ad acquistare l’opera, destinandola al Museo archeologico di Siracusa (da dove nel 1940 passerà al Museo Bellomo) e sottraendola così al suo stato di gravissimo degrado .
Tanto grave che il grande restauratore Luigi Cavenaghi dovette procedere alla rimozione della pellicola pittorica dal suo supporto in legno, ormai fradicio per l’umidità, e applicarla su una doppia tela con una operazione molto traumatica.
Infatti, a distanza di poco più di 20 anni, nel 1936, si rese necessario inviare il dipinto al Regio Gabinetto dei restauri degli Uffizi a Firenze, dove il restauratore Augusto Vermehren curò la riadesione della pellicola pittorica al supporto e, avendo rimosso i completamenti mimetici effettuati dal Cavenaghi, si trovò a dovere risolvere il problema assai arduo della reintegrazione delle lacune.
Le soluzioni da lui proposte furono però giudicate insoddisfacenti dall’apposita Commissione specialistica , sicchè il Ministro dell’Educazione Nazionale dispose, nel 1942, il trasporto dell’opera all’appena fondato Istituto centrale del restauro, dove venne data al problema una soluzione provvisoria, perché – come Brandi stesso afferma nel cataloghino della mostra tenuta quell’anno e nella Teoria del restauro – non aveva ancora messo a punto la ben nota metodologia della reintegrazione delle lacune e le conseguenti tecniche del tratteggio e dello abbassamento ottico-tonale, come avverrà dopo la fine della guerra.
Un successivo intervento, essenzialmente conservativo, venne effettuato sull’opera nel 1986-87 dal restauratore Ernesto Geraci sotto la guida di Gioacchino Barbera.
Rimanendo ancora in sospeso il problema delle lacune, ma soprattutto essendosi riscontrato un aggravamento nelle condizioni del supporto, in occasione della mostra di Antonello alle Scuderie del Quirinale le Autorità regionali siciliane chiedono all’ICR di volersi fare carico del problema, sicchè, nell’ambito di una Giornata di studio per il 100° anniversario della nascita di Cesare Brandi, Giuseppe Basile, Costanza Mora, Beatrice Provinciali e Albertina Soavi a nome dell’ICR illustrano un’ipotesi “virtuale” di reintegrazione delle lacune in tre fasi successive di avanzamento (dal semplice abbassamento ottico-tonale alla chiusura a tratteggio delle lacune più semplici alla soluzione delle lacune più problematiche, ma sempre nell’ambito della ricostruibilità), riscuotendo l’approvazione degli specialisti presenti
Quanto alla restituzione del testo pittorico originario (o il più vicino possibile a quello originario), si è operato, tramite le due tecniche sopra citate, mirando principalmente a restituire l’opera alla fruizione nella complessità - per tanti versi finora insospettata – della sua struttura spaziale e cromatico-luminosa.
Giuseppe Basile