L'annunciazione di Antonello da Messina - L'intervento di restauro
L'intervento di restauro effettuato sull'Annunciazione di Antonello da messina, raccontato nei particolari.
In occasione della grande mostra antologica su Antonello da Messina, allestita alle Scuderie del Quirinale nel maggio 2006, si è tenuta una giornata di studi ove è stata presentata una proposta di "reintegrazione virtuale" dell’Annunciazione di Palazzolo Acreide, attualmente conservata al Museo Regionale di Palazzo Bellomo a Siracusa. Il famoso dipinto, già all’Istituto Centrale del Restauro nel 1942, fu per Brandi l’occasione per una prima elaborazione del problema del trattamento delle lacune intesa a superare una impostazione puramente filologica senza per questo ricorrere a inaccettabili rifacimenti o integrazioni falsanti delle parti lacunose. Al momento però, e in via del tutto provvisoria, ci si dovette limitare a “una uniforme campitura sul tono degli stucchi antichi, come per il Trittico di Messina” (Polittico di S. Gregorio, Messina Museo Regionale). In seguito egli arriverà ad un ulteriore approfondimento del problema delle lacune non reintegrabili, riconoscendo che la soluzione adottata nelle difficili campiture dell’Annunciazione non era “ancora la soluzione ottima ma era pur sempre migliore delle precedenti”. Infatti solo nella seconda metà degli anni quaranta Brandi metteva a punto la tecnica del “tratteggio”, che descrisse con queste parole: “Ho inventato una nuova tecnica di completamento (che dall’affresco estendo anche alle tavole e alle tele). Consiste in un tratteggio sottile ma visibile, fatto ad acquarello col quale si può arrivare a rendere esattamente anche il modellato, con un effetto che da vicino ricorda la tecnica dell’arazzo...”. Questa proposta di restauro è stata formulata allo scopo di migliorare la leggibilità formale dell’Annunciazione, con la chiusura a “tratteggio” delle lacune reintegrabili e l’abbassamento ottico tonale di quelle non reintegrabili.
La soluzione finale, basata su un accurato studio formale e prospettico dell’opera, ha tenuto conto di tre livelli di integrazione:
da un iniziale abbassamento ottico tonale delle lacune alla ricostruzione a “tratteggio” delle lacune reintegrabili, privilegiando inizialmente quelle di piccole dimensioni e di facile ricostruzione formale,
e successivamente le lacune più complesse.
Per la reintegrazione di queste ultime è stato importante individuare il punto di fuga delle linee ortogonali che ha consentito la ricostruzione dell’impianto spaziale del complesso e articolato ambiente in cui è rappresentato l’evento. L’ipotesi di reintegrare alcune delle lacune dell’Annunciazione è stata accolta con grande favore dagli studiosi presenti al convegno e il dipinto è stato inviato all’Istituto Centrale per il Restauro nel marzo 2007.
Omaggio a Cesare BrandiIl dipinto originariamente su tavola, fu commissionato ad Antonello nel 1474 dal sacerdote Juliano Maniuni per l’altare maggiore della chiesa di S. Maria Annunziata a Palazzolo Acreide, dove rimase fino al suo trasferimento al Museo Archeologico di Siracusa nel 1907. Le prime notizie riguardanti lo stato di conservazione dell’opera risalgono al 1888 e sono annotate dal Regio Ispettore degli Scavi Paolo Orsi sul suo taccuino: “... non è usata come pala d’altare ed è in cattiva conservazione oltre che malissimo ritoccata. Discrete le teste...”. Successivamente nel 1898 Orsi ritorna sull’argomento dicendo che il quadro “è ridotto in pessimo stato perché poggiato a parete umidissima. Un mezzo è già del tutto perduto. Restano in mediocre stato le teste.” A spiegare le drammatiche condizioni del dipinto servono le vicende conservative e gli eventi sismici che colpirono la Sicilia orientale: il terremoto del 1693 che distrusse la chiesa dell’Annunziata; lo spostamento dell’opera all’interno della stessa chiesa dall’altare maggiore ad una parete laterale; il trasferimento nel regio Museo di Siracusa a seguito dell’acquisto da parte dello Stato nel 1907; infine lo spostamento nel 1940 all’attuale sede del Museo a Palazzo Bellomo. Il restauro fu affidato a Luigi Cavenaghi che diresse il complicato intervento come era solito fare, avvalendosi di tecnici specializzati per le operazioni “manuali” sul supporto e riservando per sé quanto attiene alla pellicola pittorica: la pulitura e la reintegrazione.
Il trasporto da tavola a tela è infatti eseguito dai fratelli Giuseppe e Francesco Annoni, suoi documentati collaboratori, e risulta ultimato nel 1914.
Nel 1934, a causa del ripetersi dei sollevamenti in corrispondenza delle estese ridipinture eseguite da Cavenaghi, il dipinto fu trasportato nel Gabinetto di restauro della Regia Galleria degli Uffizi di Firenze, dove il restauratore Augusto Vermehren rimuove alcuni rifacimenti e effettua diversi tentativi di reintegrazione pittorica delle lacune, senza risultati soddisfacenti. È documentata, in questo intervento, anche una stiratura dei distacchi.
Il dipinto presentava evidentemente una serie di problematiche intrinseche di non facile risoluzione, e per questo motivo nel 1942 viene inviato all’Istituto Centrale del Restauro di Roma,allora diretto da Cesare Brandi. Per il quale l’intervento fu l’occasione per una prima elaborazione del problema del trattamento delle lacune, intesa a superare un’impostazione puramente filologica senza per questo ricorrere a inaccettabili rifacimenti o integrazioni falsanti delle parti lacunose.
Nell’intervento dell’ICR del 1942 ci si limitò quindi ad “una uniforme campitura sul tono degli stucchi antichi...”. Intorno agli anni ’80 il protrarsi dei fenomeni di sollevamento del colore, l’alterazione della vernice e delle reintegrazioni rende necessario un nuovo intervento affidato al restauratore Ernesto Geraci, sotto la direzione di Gioacchino Barbera, Direttore della sezione per i beni artistici e storici-Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Siracusa. L’intervento viene improntato ad un rigoroso criterio filologico che ha comportato: il fissaggio della pellicola pittorica ; la totale asportazione degli stucchi preesistenti con il recupero di alcuni brani di pittura e frammenti del legno originale; la pulitura della superficie dipinta e la reintegrazione al fine di restituire per quanto possibile una certa omogeneità nella lettura complessiva del dipinto
Il problema conservativo dei dipinti è rappresentato da meccanismi di deterioramento di natura chimico-fisica e microbiologica che interessano i materiali costitutivi e dal comportamento fisico meccanico del supporto. Nel caso in esame è di particolare rilevanza il controllo della stabilità strutturale perché il dipinto, originariamente su tavola, si trova oggi su un supporto di tela, a seguito di un trasporto eseguito in un precedente restauro, agli inizi del novecento. Pertanto l’indagine meccanica è stata svolta allo scopo di accertare la presenza di eventuali processi “sforzo- deformazione” dell’attuale sistema tela-telaio, correlabili con possibili variazioni microclimatiche ambientali, ed allo scopo di valutare il livello di tensionamento della tela di supporto, in condizioni di stabilità termoigrometrica. La distribuzione di lacune, estese a vaste zone della superficie dipinta, interessa gli strati di preparazione a differenti profondità e conferisce al dipinto uno spessore disomogeneo che è stato preliminarmente rilevato da un’indagine radiografica sistematica.
Il differente grado di annerimento delle immagini radiografiche ha permesso di sapere come i differenti spessori sono distribuiti per tutta l’estensione del dipinto. Tale informazione è utile e necessaria per valutare correttamente il comportamento strutturale del sistema tela-telaio.
L’immagine radiografica n° 22 (a sinistra) riporta un’area con lacune estese e profonde e, ad esempio, può essere confrontata con la radiografia n°14 (a destra) dove sono presenti lacune meno estese ma ugualmente profonde.
Per l’indagine meccanica sono stati applicati sei sensori (LVDT) per misure puntuali di spostamento: tre sulla tela e tre sul telaio ligneo, in punti significativi del sistema.
L’analisi dei dati acquisiti è ancora in corso. Al momento si presenta una elaborazione che evidenzia come la variazione di umidità ambientale (linea blu) provochi una variazione nelle dimensioni e nel tensionamento del dipinto (linee gialla, verde e arancione).
Per avere informazioni sui campi di deformazione e di sollecitazione, si è realizzato un meccanismo in grado di esercitare una leggera pressione dal retro. Il dispositivo permette di applicare sollecitazioni controllate, in direzione perpendicolare al piano del dipinto, mediante disco posizionato al centro. Ciò allo scopo di studiare il comportamento reologico del sistema tela-telaio, senza sottoporre il supporto a sollecitazioni pericolose sul piano della tela. Per misurare il campo di deformazione sono state utilizzate tre tecniche:
- a proiezione di frange;
- a correlazione numerica tra immagini speckle;
- a distanziometro laser.
L’indagine Riflettografica IR è un’indagine non distruttiva che permette di visualizzare e registrare con apposite strumentazioni la risposta dei materiali alle radiazioni incidenti della banda IR e di contribuire ad individuare la tecnica di esecuzione di un’opera pittorica, dallo strato più profondo (disegno preparatorio) fino a quello superficiale (pellicola pittorica). La possibilità di evidenziare un disegno al di sotto degli strati pittorici è dovuta all’assorbimento totale delle radiazioni IR dei composti a base di carbonio, tradizionalmente utilizzati, ed al fatto che spesso le stesure di colore risultano completamente o parzialmente trasparenti all’infrarosso. Nelle immagini presentate si sono voluti evidenziare una serie di informazioni legate al disegno preparatorio utilizzato dall’artista per posizionare e definire le figure. L’elaborazione iniziale delle immagini acquisite ha permesso di evidenziare:
tracce di disegno preparatorio sulla manica e sul colletto del mantello dell’Angelo
tracce del disegno preparatorio in corrispondenza delle pieghe del manto e della mano destra della Madonna
sulla fronte della Madonna, una linea ondulata poco percepibile nel visibile prosegue in corrispondenza dei capelli;
zone abrase con ritocchi.
Si presentano i radiogrammi RX che evidenziano i differenti strati preparatori in correlazione con la diversa densità di annerimento (scala di grigi). Il nero individua una lacuna che indica una mancanza sia dello strato preparatorio che dello strato pittorico.
La fotografia digitale all’Infrarosso in falsi colori consiste nel registrare fotograficamente due immagini digitali, una nel visibile e l’altra nel vicino infrarosso, successivamente elaborate con strumenti informatici e messe a confronto con lo scopo di differenziare la natura dei pigmenti presenti in una stesura pittorica. Due pigmenti, che nel visibile appaiono cromaticamente simili (identica risposta spettrale), nel vicino infrarosso possono riflettere diverse quantità di radiazione infrarossa, e generare immagini con colorazioni differenti. L’immagine che si ottiene restituisce colori non corrispondenti a quelli reali e per tale motivo viene denominata immagine a “falsi colori”. La tecnica permette quindi di individuare nella restituzione in falsi colori, l’utilizzo di pigmenti di diversa natura da parte dell’artista o precedenti interventi di restauro. Non esiste una corrispondenza biunivoca tra i falsi colori restituiti e i singoli elementi e/o le sostanze contenute in un miscuglio. Ma è una tecnica estensiva, complementare ad altre analisi, come ad esempio alla Fluorescenza EDXRF che è un’indagine puntuale.
L’immagine nel visibile indica con i riquadri le zone restituite in falsi colori.
Le diverse colorazioni ottenute nelle immagini a falsi colori, confrontate con quelle nel visibile, ci hanno indotto ad ipotizzare che le figure e le aree in cui è presente il colore blu (diadema dell’Angelo, figure nel paesaggio, manto della Madonna) siano state realizzate con pigmento associabile al lapislazzuli (oltremare naturale), che in falsi colori fornisce una risposta cromatica di colore “vinaccia”, ma con varie tonalità di colore rosa se miscelato alla biacca (bianco di piombo). Tale ipotesi sulla natura del pigmento è stata confermata dalle analisi in EDXRF.
Oltre alle tradizionali tecniche di misura colorimetrica e spettrofotometrica in riflettanza, che ottengono misure puntuali poggiando sul dipinto un sensore dotato di una sua autonoma sorgente di luce standardizzata, da alcuni anni si sta sviluppando la messa a punto di strumentazioni non a contatto, che permettono di ottenere contemporaneamente centinaia di migliaia di punti di misura contigui. Queste metodiche vengono definite di Imaging Colorimetry se ottengono le coordinate cromatiche oppure Immagine Iperspettrale se rilevano lo spettro di riflessione di ogni punto. Tutte queste procedure, per essere valide e ripetibili, devono rispettare rigorosamente le normative definite dall’ente Internazionale che emana gli standard di misura della luce (CIE). Oltre al classico utilizzo delle misure spettrocolorimetriche per controllare l’insorgere di alterazioni cromatiche nel tempo, o per determinare il grado di saturazione e la tinta (lunghezza d’onda dominante) dei pigmenti, sono possibili confronti sistematici tra tutti i punti della superficie. Ciò permette di verificare, in modo interattivo e veloce, ipotesi di natura conservativa o relative alla stesura del dipinto stesso. In aggiunta, questa gestione estensiva delle informazioni sul colore, consente di misurare anche le variazioni delle caratteristiche di fruizione dei colori presenti sul dipinto quando viene illuminato con sorgenti con composizione spettrale differente. Questa procedura può essere adottata per ottimizzare l’allestimento illuminotecnico.
Le due immagini illustrano un esempio della modalità di analisi di due aree con pigmenti differenti, acquisiti con la colorimetria d’immagine e visualizzati sul diagramma CIE 1931.
Sono state effettuate nel laboratorio di indagini biologiche osservazioni microscopiche, finalizzate alla caratterizzazione del materiale tessile utilizzato per il nuovo supporto dell’opera, costituito da due tessuti fatti aderire con colla vegetale. Micro-campioni di tessuto sono stati prelevati al bordo in alto a destra, nella parte in cui il tessuto viene piegato sul telaio ligneo. Il tessuto a contatto con lo strato preparatorio dell’opera consiste in una tela composta da filati prodotti con fibre di cotone.
L’altro tessuto di supporto risulta, invece, realizzato con l’impiego di filati ottenuti con fibre di lino parzialmente scrudito.
È stato analizzato anche il grado di polimerizzazione medio (DP) dei campioni dei due filati ed è risultato che la tela, a contatto con la preparazione del dipinto, ha un valore di DP inferiore a quello del filato della seconda tela, e accusa quindi un maggiore degrado del polimero cellulosico.
Con l’intervento di trasporto l’opera ha perso la sua natura rigida con il conseguente aumento dei movimenti da vibrazione. Per minimizzare gli effetti negativi di tali movimenti e per proteggere il verso del dipinto, si è realizzato uno schermo protettivo con dei pannelli mobili da inserire negli spazi tra i bracci della crociera. Per inserire i pannelli sono state rimosse le biette che in questo caso erano posizionate solamente in una direzione.
Il movimento della tela avverrebbe quindi solo in un senso e, in ogni caso, le biette avrebbero perso la loro funzione di espandere il telaio in quanto, lungo il perimetro del dipinto, sono stati montati dei listelli con viti rendendo la struttura relativamente rigida. Ciascun pannello è stato realizzato con listelli di balsa di diversa lunghezza per ridurre le tensioni naturali del legno che potrebbero produrre deformazioni e incollati tra loro in modo da avere un piano perfettamente liscio. Su questo, successivamente, sono stati incollati, da ambo i lati, dei fogli di cartoncino non acido.
I pannelli, così composti, sono stati montati con listelli di legno ad incastro sui quattro lati in modo da poterli posizionare sul retro del dipinto con l’ausilio di viti che ne permettono la rimozione nel caso in cui si renda necessaria l’ispezione del retro del supporto.
Il restauro, realizzato dall’Istituto Centrale per il Restauro tra il settembre 2007 e il marzo 2008, è consistito in una revisione critica delle lacune in base ai principi di essenzialità nella scelta operativa che hanno permesso una ricostruzione complessiva dell’immagine pittorica nella visione generale dell’opera. L’originario supporto ligneo era costituito da quattro assi in pioppo assemblate con cambre a farfalla. In seguito al trasporto, il dipinto è stato applicato su una doppia tela sorretta da un telaio ligneo a crociera. Il trasporto, come già evidenziato nell’ultimo intervento di restauro degli anni ’80, era stato effettuato in maniera irregolare intaccando in alcuni punti la preparazione fino allo strato pittorico e viceversa conservando in altri tracce del legno originale. Al momento dell’arrivo in Istituto, attraverso un’accurata osservazione visiva, le condizioni conservative dell’opera sono state valutate soddisfacenti. L’intervento è stato documentato con rilievi grafici e foto. I rilievi grafici mostrano lo stato di conservazione dell’opera prima dell’intervento e le lacune che sono state stuccate e reintegrate a “tratteggio”.
L’intervento è iniziato con il controllo puntuale dell’adesione degli strati di preparazione e del colore alla tela di supporto e con operazioni di riadesione in aree limitate. Successivamente, in relazione agli studi preliminari si è proceduto alla stuccatura delle lacune reintegrabili, operazione importantissima per la buona riuscita della reintegrazione pittorica.
In questo caso, essendo la pittura interessata da una rete diffusa di cretti che rendono la superficie non piana, è stato necessario in fase di stuccatura riproporre le medesime irregolarità dell’ originale. L’impasto è stato realizzato con gesso di Bologna e colla di coniglio, come è pratica corrente. La reintegrazione è stata eseguita con una selezione di pigmenti ad acquarello con la tecnica del “tratteggio”, messa a punto da Brandi nel 1948 in occasione del restauro della Cappella Mazzatosta a Viterbo gravemente danneggiata dai bombardamenti del periodo bellico. Per quanto concerne le lacune non reintegrabili che interessano tutta la parte inferiore del dipinto è stato scelto un abbassamento ottico tonale quanto più possibile simile ai frammenti residui di legno originale, cercando con una velatura di porre le grandi mancanze su un piano ottico leggermente più arretrato rispetto a quello della pittura. A conclusione dell’intervento è stata applicata una protezione finale della superficie dipinta con una vernice a base di resine chetoniche nebulizzate. La tecnica a “tratteggio”, adottata nella reintegrazione delle lacune ha consentito, nella visione ravvicinata, l’individuazione chiara degli interventi effettuati improntati ai criteri di reversibilità e riconoscibilità della stesura pittorica originale di Antonello, nella sua consistenza reale, certo non trascurabile e nel suo effettivo stato di conservazione.
Misura del campo di spostamenti: metodo della Proiezione di Frange
Per la misura degli spostamenti in direzione perpendicolare al piano della tela si è fatto ricorso a metodi ottici senza contatto. La tecnica adottata è la cosiddetta Proiezione di Frange e Phase Shift: essa consiste nell’illuminare l’oggetto in esame con una serie di frange in bianco e nero, mentre una telecamera acquisisce immagini della superficie e si può risalire agli spostamenti subiti dalla tela in direzione perpendicolare. Le figure mostrano una tipica immagine acquisita dalla telecamera e la mappa di spostamento ottenuta con la successiva elaborazione; sono rappresentate delle sezioni orizzontali effettuate in corrispondenza del punto di massimo e 450mm sopra e sotto del punto stesso.
L’intera superficie della tela, è stata discretizzata in circa un milione di punti. Il rilievo eseguito è stato in grado di apprezzare spostamenti in direzione perpendicolare al piano della tela con un’incertezza di ±0.05 mm. Dalla tabella si può notare l’ottimo accordo con la lettura effettuata tramite LVDT.
Misura del campo di deformazione: Speckle Image Correlation
Per la misura degli allungamenti della tela sul suo piano, è stata usata la tecnica nota con il nome di “correlazione numerica tra immagini speckle in luce bianca”. Un’immagine speckle è una immagine di un campo di macchioline. In questa applicazione, è stato sfruttato il dipinto stesso come campo speckle. La tecnica si basa sulla acquisizione di una sequenza di immagini digitali ad alta risoluzione e sulla successiva elaborazione numerica che permette di evidenziare come la tela si deforma con una sensibilità di circa 100 μm/m. La sequenza mostra il campo di deformazione sul piano della tela dovuto ad un carico crescente applicato al centro del lato posteriore del dipinto.
La simulazione numerica mediante elementi finiti È in fase di studio l’analisi FEM dell’opera. Le principali problematiche sono legate all’anisotropia e alla caratterizzazione dei materiali, nonché alla necessità di modellare gli effetti di temperatura e umidità sui materiali stessi. La simulazione, una volta validata da evidenze sperimentali, può fornire uno strumento utile per simulare la “risposta” del dipinto ad una qualsivoglia sollecitazione imposta. Le immagini mostrano, come risultato di uno studio preliminare, la discretizzazione effettuata ed il campo di spostamenti per uno spostamento normale al piano applicato ad un punto centrale del dipinto.
Rilievo delle deformazioni E’ stato effettuato mediante sistema robotizzato laser in condizioni di spostamenti imposti del punto centrale della tela pari a 0 mm, 1 mm e 2 mm. Il sistema di misura è composto da un robot cartesiano planare XY dotato di un misuratore di distanza laser sull’equipaggiamento mobile. Il sensore è in grado di rilevare spostamenti con un’accuratezza di 0.02 mm. Le misure effettuate corrispondono ad una scansione di un’area di 250x580 mm. Condizione iniziale: nessuno spostamento imposto; il sistema di misura; deformate corrispondenti a spostamenti imposti di 1 mm e 2 mm.
Le immagini documentano la sequenza delle fasi della reintegrazione: dalla iniziale stuccatura, presentata anche a luce radente, alla successiva apposizione dei sottili tratti di colore ad acquerello che costituiscono il “tratteggio”, tecnica che Cesare Brandi definisce con queste parole “...questo sottile divisionismo, per cui il tratto della pennellata rimane sempre verticale e diviso, permette di raggiungere ad una certa distanza, qualsiasi tonalità, che sia profonda o leggerissima, salvandone tutte le sfumature meglio che con qualsiasi colore dato ad impasto, nello stesso tempo è quanto di più archeologico e rigoroso si possa richiedere”.
Lo studio dei pigmenti si è avvalso esclusivamente di tecniche non distruttive. Sono state effettuate 36 analisi di fluorescenza ai raggi X (EDXRF) per l’analisi elementale e 29 analisi spettrocolorimetriche in riflettanza per la caratterizzazione del colore.
Analisi EDXRF La presenza ubiquitaria di calcio e stronzio è dovuta agli strati preparatori a gesso del dipinto; il piombo, rilevato in tutti i punti esaminati, è correlato alla biacca. Nelle zone di colore blu (manto della Madonna, ali e colletto dell’angelo, telo sull’arredo nello sfondo) l’assenza di rame fa escludere l’uso di azzurrite e di blu egiziano, mentre risulta pienamente compatibile con la presenza di blu oltremare (lapislazzuli). Nelle zone di colore rosso o rosato (incarnati, vesti dei personaggi sullo sfondo, gemma sul diadema dell’angelo, inginocchiatoio, becco della colomba, ali dell’angelo) la presenza di mercurio è univocamente associata al cinabro.
Sui verdi la presenza di rame fa ipotizzare l’impiego di malachite o resinato di rame; la mancanza di elementi correlabili a pigmenti gialli, infatti, non permette di ipotizzare l’uso di una mescolanza di un blu (azzurrite) con un giallo. Solo nei punti in cui il verde è più chiaro la presenza di stagno suggerisce l’uso, assieme alla malachite o all’azzurrite, del giallo di stagno e piombo. Nelle zone di colore bruno (capelli dell’angelo e della Madonna) la significativa presenza di ferro indica l’impiego di ocre gialle. Sul raggio di luce, sull’anta della finestra, sui riflessi dei capelli della Madonna e dell’angelo, sulla decorazione della veste della Madonna, la presenza di stagno indica l’uso di giallo di stagno e piombo.
Nelle dorature delle aureole si osserva la presenza di oro puro: sono assenti, invece, argento, rame, stagno.
Analisi del colore Le analisi del colore, riportate come spettri di riflettanza nell’intervallo 400-700 nm e nello spazio di colore CIE 31, forniscono ulteriori elementi di conoscenza. Le zone di colore blu del manto della Madonna e del colletto dell’angelo sono caratterizzate da un’unica lunghezza d’onda dominante di 478nm, associata al pigmento blu lapislazzuli.
Tonalità più chiare sono ottenute mescolando il lapislazzuli con bianco di piombo. Sul blu della sommità delle ali dell’angelo si osserva un viraggio del blu verso il rosso (582 nm), dovuto alla “vicinanza” dei bordi rossi delle ali. Il rosso dell’inginocchiatoio e l’integrazione su una lacuna adiacente hanno le stesse proprietà colorimetriche, con lunghezza d’onda dominante di 596 nm.
Il confronto con i risultati EDXRF evidenzia la presenza di cinabro in entrambi i punti di misura. Il verde della vegetazione sulla finestra centrale e sul drappo ha una lunghezza d’onda dominante di 562 nm. Sulla palma e nelle zone più chiare la lunghezza d’onda dominante ha uno shift compreso tra 4 e 10 nm, verso il giallo. Da sottolineare che l’analisi EDXRF evidenzia l’impiego del giallo di stagno e piombo nella realizzazione dei verdi-giallastri. Nelle zone di colore giallo (capelli della Madonna e dell’angelo) e di colore bruno (travi sullo sfondo) la lunghezza d’onda dominante oscilla tra 581 e 584 nm, corrispondente alle ocre gialle. L’impiego del pigmento di giallo di stagno e piombo (inginocchiatoio, anta della finestra) sposta la lunghezza d’onda dominante a 577 nm (10-11).