Ci ha lasciati Giuseppe Basile
31/07/2013
Si è spento il 30 luglio a Roma lo storico dell'arte per oltre trent'anni funzionario del nostro Istituto. Lo ricordano le colleghe Daila Radeglia e Patrizia Miracola
Si è spento il 30 luglio a Roma lo storico dell'arte per oltre trent'anni funzionario del nostro Istituto. Lo ricordano le colleghe Daila Radeglia e Patrizia Miracola:
Pippo Basile è stato a lungo con noi nel lavoro e nell’amicizia. Entrato all’ICR nel 1976, ha portato la sua professionalità di storico d’arte affrontando con competenza e spirito critico le diverse problematiche del restauro a tutto campo. La sua passione per la tutela e conservazione del patrimonio si è nutrita dell’insegnamento di Cesare Brandi, suo professore all’Università di Palermo, con il quale ha condiviso l’interesse e la curiosità per i più diversi aspetti della creatività artistica.
Inizia il suo percorso professionale nel giugno del 1976 presso la Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, ma dopo pochi mesi, richiesto dall'allora direttore Giovanni Urbani, prende servizio all'ICR. La sua attenzione ai problemi critici del restauro del contemporaneo resterà poi un leitmotiv nella sua carriera professionale, che lo vede instancabile organizzatore di convegni e incontri molto significativi sulla materia.
I suoi orizzonti si allargano ulteriormente con la presenza in ICR, dove si dedica con la stessa passione alle problematiche dei dipinti murali, primi fra tutti quelli della Basilica di San Francesco ad Assisi, di Giotto a Padova, di Palazzo Te a Mantova. Il suo impegno è rivolto all’individuazione e rimozione delle cause di degrado, al controllo scientifico degli interventi e alla predisposizione di protocolli per la manutenzione programmata.
I suoi interessi hanno investito con la stessa attenzione le vetrate medievali, i mosaici, la scultura policroma, i marmi, i dipinti su tavola e su tela e gli stendardi, i bronzi. Una particolare attenzione, legata anche alla sua passione per la musica, è stata rivolta agli organi storici e agli strumenti musicali, ai quali ha dedicato numerose pubblicazioni. L’applicazione del metodo scientifico e teorico derivato dal pensiero di Brandi e dall’impostazione data da Giovanni Urbani ha rappresentato una sfida per la soluzione di problemi apparentemente irresolubili come trattamento di opere d’arte caratterizzate dalla compresenza di valore estetico e funzionale quali appunto gli organi storici o le vetrate. La sua convinzione, condivisa con Michele Cordaro e con tutti noi, era che il metodo brandiano fosse applicabile a tutte le categorie di manufatti, indipendentemente dalla materia nella quale sono realizzati.
Nell’affrontare i problemi estetico-critici dei restauri da lui diretti, sia in laboratorio che nei cantieri didattici, spesso si consultava con i colleghi per discutere e risolvere problemi di presentazione estetica, ricordiamo ad esempio il caso dello stendardo della Città dell’Aquila, i mosaici romani di Santa Cecilia e di San Clemente, l’Annunciazione della Cappella degli Scrovegni e infine il più drammatico fra tutti, la ricomposizione dei frammenti delle figure delle volte crollate nel terremoto di Assisi del 1997. La sua curiosità ed il suo rigore scientifico sono serviti da esempio agli storici dell’arte che sono approdati all’Istituto dopo di lui.
La sua passione per la storia critica del restauro è stata trasmessa poi agli studenti della scuola di perfezionamento dell’Università “La Sapienza” di Roma, ai quali ha affidato l’avvio del suo progetto, a lungo covato, di una banca dati dei restauratori. Da ciò è scaturita la pubblicazione della rivista “Restauratori e restauri in archivio”, strumento utile e meritorio per la conoscenza dei metodi e materiali impiegati negli interventi del passato più o meno recente.
Negli ultimi anni, soprattutto in coincidenza con il centenario della nascita di Cesare Brandi (2006) ha promosso attività e convegni volti ad approfondire i contenuti del pensiero e dell’attività dello studioso senese e la traduzione in un numero impressionante di lingue della Teoria del restauro.
Ricordiamo con affetto la sua figura veramente instancabile e la sua passione civile, il suo lavoro di divulgazione – utilissimo ad esempio il suo manualetto Che cos’è il restauro edito nel 1989 - l’organizzazione di convegni e tavole rotonde su problemi nevralgici di conservazione.
Ci piace ricordarlo nel suo lato umano di buongustaio, quando con gli amici assaporava le orecchiette con le cime di rapa della moglie di Paolo Ferri o la cucina turca, così simile a quella siciliana, e quando il suo aspetto professorale si scioglieva in argute conversazioni conviviali con restauratori e allievi nelle grandi tavolate di Mantova, annaffiate dal famoso Amarone di Verona, Padova, San Vincenzo al Volturno. Erano quelli i momenti nei quali era possibile apprezzare la sua profonda cultura e la sua umanità.
pubblicato sul sito: ISCR Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro